Incertezza Assoluta

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No Tav – Contro quel treno

by on Sep.18, 2011, under Resources

No Tav – Contro quel treno

comunicato pubblicato su indymedia italia

CONTRO QUEL TRENO…

Siamo arrivati da tutta Italia e da larga parte d’Europa. Ci siamo incontrate qui, sulle montagne della Val di Susa, abbiamo condiviso un piatto di pasta, l’ultimo sorso di vino o del maalox. Condiviso con naturalezza, con amici fraterni o persone perfettamente sconosciute – fino a ieri. Da Milano, Roma, Stoccarda, Parigi, Zurigo, Bilbo, Napoli o altri posti mai sentiti – fino a ieri. C’è chi non parla una parola di italiano, chi non ha mai fatto una camminata in montagna, chi credeva nelle raccolte di firme – fino a ieri. Ci siamo scambiati racconti di esperienze simili, ai quattro angoli del pianeta. Siamo tutte qui per gettarci in questa battaglia, cominciata dalle donne e dagli uomini della Valsusa, contro il progetto di treno ad alta velocità. È una lotta che ha superato l’orizzonte di queste montagne, per diventare pratica e “patrimonio” dei rivoltosi di tutta Europa. È anche la nostra lotta – oggi.

Ci scontriamo, qui, contro quello che è un perfetto esempio delle necessità di un mondo di merci e una delle punte dell’iceberg del progresso. Un progresso della tecnica che punta inesorabile verso la distruzione dell’umanità – l’umanità di ciascuno di noi.
Quello che ci ha portate qui, alcune da anni, altri da poche settimane o giorni, non è soltanto, però, la giusta solidarietà nei confronti di chi si batte con dignità contro la distruzione dello spazio della propria vita. Si tratta di un più profondo e più intimo desiderio di libertà.
Lottiamo, anche qui, come in ogni luogo, per la libertà. La libertà di ogni individuo, la mia, che inizia necessariamente là dove inizia anche quella di ciascun’altra, perché se anche uno solo è in catene, io non posso essere libero.
Si può facilmente intuirlo: la vittoria dei valsusini e dei loro solidali sul progetto del TAV va nel senso della distruzione dell’attuale sistema di dominio. Lo scontro in corso fra queste montagne pone infatti la questione di un cambiamento radicale della vita, che non può che passare per la fine dello Stato. Dire che non vogliamo il TAV né qui né altrove significa dire che vogliamo farla finita con ogni potere, statale, economico o di altro tipo. Dall’altro lato, visti gli interessi sottostanti a quest’opera, cedere sarebbe uno scacco epocale per la cricca Stato italiano-Confindustria. Una vittoria notevole per chi lotta per libertà.
Certo non sarà cosa facile, ma molti segni sono incoraggianti.

Ci sono anche, però, pesi morti. C’è chi è interessato a distinguere fra “gente della valle” e “quelli di fuori”, per poter meglio dividere, quando necessario, i buoni dai cattivi. Non si tratta, purtroppo, solo dei soliti giornalisti al soldo dei padroni. C’è chi vorrebbe circoscrivere la rivolta a modalità – ed orari – predefiniti. Chi vorrebbe prendere (e farsi prendere in) foto – ma si credono al circo, quei pagliacci? C’è chi vorrebbe questa lotta come prerogativa di un gruppo ben definito di specialisti, esperti manipolatori dei media e quindi propugnatori di uno scontro simbolico, teatrale, teso a riscuotere consenso mediatico. Tutti gli altri – la massa – sarebbero ridotti ad un gregge da portare a passeggio durante le manifestazioni. C’è chi vorrebbe una resistenza pacificata e civile. Delle “azioni” spettacolari ma perfettamente innocue. Qualcosa, insomma, che non pregiudichi la possibilità di trattare con il potere, a spettacolo finito.
Con costoro non abbiamo nulla da spartire. Non siamo civili, non siamo pacificate, non resistiamo, ma attacchiamo cercando di fare male al nemico. Non abbiamo nulla da difendere, ma una vita – la nostra vita – da strappare ad uno schifoso destino di dominio. Quello per cui ognuna di noi si batte non è circoscrivibile, non è rappresentabile. Non avrebbe nessun senso, visto in TV.

Se è un mondo nuovo che portiamo nel cuore, quello che abbiamo vissuto, che stiamo vivendo quassù ne è un’intuizione feconda. Un’intuizione che a sprazzi vediamo divenire realtà, nei piccoli gesti quotidiani così come nei grandi sogni. Nel cibo che non ha un prezzo, nelle pietre che volano o passano di mano in mano fino alla prima fila, nelle frombole che girano, nel regalare la maschera prima di andare via anche solo per qualche giorno, pensando al compagno senza nome che ti ha preso per mano quella notte in cui, distrutto dai gas, eri perso sul sentiero…
Tutto ciò non è soltanto un momento dirompente, ma una pratica che continua, che diviene esperienza condivisa e segna, con l’intensità che l’insurrezione sa toccare, la vita di ciascuno. La vita diventa insurrezione…

La scintilla che ciascuna di noi porta dentro viene ravvivata da questi incontri complici, dal ritrovare chi non si vedeva da tempo, dai nuovi legami, da questo vortice di rabbia e amore, turbinante, imprevedibile e creatore come la vita stessa.
Tornando alle nostre case, alle città da cui veniamo, ci portiamo dentro la consapevolezza che qualcosa sta cambiando – che siamo noi a farlo cambiare, proprio ora.
Che dalla Valsusa la rivolta si propaghi. I motivi contingenti sono tanti, ma la tensione che anima ciascuna di noi è la stessa.
Che in tutta Europa divampi il fuoco che ci brucia dentro e che ci ha portati qui.
Che del vecchio mondo non rimanga che cenere.

E nel fuoco l’amore.

… PER LA LIBERTÀ!

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Incertezza Assoluta – Sentido,Significato,Meaning

by on Sep.17, 2011, under Resources

INCERTEZZA ASSOLUTA

[CAS]
INCERTEZA ABSOLUTA: La imprecision de mesura es una realidad no eliminable: la forma mas practica para reducir los errores accidentales es repetir mas veces la mesura, obviamente en las mismas condiciones y aceptar como valor probable la media aritmetica de los valores medidos. Todas las mesuras, sean efectuada una sola ves o sean repetidas mas veces, estan afectadas por incerteza, que llamaremos error absoluto o incerteza absoluta de la misura.

La perfecion no existe, todo es relativo: medidas, valores, métodos o ideas. Cada cosa tiene su contexto. Cada acción su paisaje donde se cumple.Existe el intento, el impeno en conseguir aquello que se quiere, para alcanzar un propio objetivo según las propias necesidades, las propias reflexiones y las propias ideas. Este es el hilo que ata a “incertezza assoluta” tanto en la musica como en la vida. Buen intento a todxs.

[ITA]
INCERTEZZA ASSOLUTA: Imprecisione di misura, una realtà non eliminabile: il modo più pratico per ridurre gli errori accidentali è quello di ripetere più volte la misura, ovviamente nelle stesse condizioni, e accettare come valore probabile la media aritmetica dei valori misurati. Tutte le misure, sia effettuate una volta, sia quelle ripetute più volte, sono affette da incertezza, che chiameremo errore assoluto o incertezza assoluta della misura.

La perfezione non esiste, tutto è relativo: misure, valori, metodi e idee. Ogni cosa ha un suo contesto. Ogni azione un passaggio dove si compie. Esiste l’intento, l’impegno per conseguire ciò che si vuole, per raggiungere un proprio obiettivo secondo le proprie necessità, le proprie riflessioni e le proprie idee. Questo è il filo che lega “Incertezza Assoluta” tanto nella musica come nella vita. Buon intento a tutte e a tutti.

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No TAV, No Stato

by on Aug.10, 2011, under Home, Resources

No Tav No Stato

tratto da finimondo.org

No Tav No Stato

Aveva proprio ragione Simone Weil: quando i professionisti della parola decidono di occuparsi della triste sorte altrui, scelgono di parlare di questioni tecniche. Se sono sindacalisti a difesa del lavoro, parleranno di aumenti salariali, cambio dei turni, misure di sicurezza. Se sono ambientalisti paladini della democrazia, parleranno di camion di detriti, decibel di rumore, misure di sicurezza. È risaputo che chi ascolta accoglie con sollievo la facile chiarezza delle cifre, dati oggettivi che non richiedono alcun pensiero singolare.

Pensiamo alla propaganda che viene fatta attorno all’Alta Velocità. Per riuscire a farsi capire da tutti, condizione indispensabile per ampliare il sostegno a quella lotta, cosa c’è di meglio che illustrare tutti i dettagli tecnici di quell’infame progetto? Sapete quanto sarà lungo quel tunnel? E quanto ci verrà a costare? E che dire della composizione geologica delle rocce che vorrebbero forare? Per non parlare della polvere sollevata, del traffico paralizzato, delle coltivazioni perse, dei ruscelli prosciugati… Una mole impressionante di dati — che per essere presi per buoni necessitano della preziosa conferma di periti possibilmente di fama (quegli specialisti del sapere separato oggi tanto adulati) — viene sciorinata per sollecitare la mobilitazione. Se si vuole fare numero bisogna parlare di numeri. Uomini e donne, se non vi ribellate per la vita miserabile che vi costringono a fare, per i vostri corpi esausti, per i vostri sogni infranti, per i vostri desideri repressi, per le vostre speranze deluse, fatelo almeno perché 2+2 è uguale a 4. Talmente facile da capire che il consenso è assicurato.

Già la matematica non è un’opinione — figurarsi un’idea! Non è qualcosa di singolare, di individuale, che si possiede dopo averla scoperta e fatta maturare. È qualcosa di comune che abbiamo imparato a scuola. 2+2 fa 4 per il reazionario come per il sovversivo, per il credente come per l’ateo. Non divide le sensibilità, unisce i ricordi. Ecco perchè questo genere di propaganda impazza fra i vari politicanti, che non mancano di prescriverla ai militanti che fanno loro corteo. Perché non fa pensare ad altro, non mette in discussione nulla in maniera radicale, rimanda a quanto è già in memoria. Al massimo esigerà una nuova verifica al fine di far quadrare i conti.

Simone Weil faceva giustamente notare che, se l’individuo sentisse di non essere solo vittima ma anche complice dell’orrore quotidiano, la sua resistenza conoscerebbe ben altro slancio. Non sarebbe più lo slogan di una rivendicazione, sarebbe il grido di rivolta di tutto l’essere contro la condizione umana. Un grido che diffiderebbe della chiarezza delle cifre, perché non avrebbe nulla da spartire né col sindacalista che si batte per alleggerire il ricatto del lavoro, né con l’ambientalista che si batte per legittimare la menzogna della democrazia. Invece le cifre, se non accompagnano quel grido da umili ancelle tenute in disparte, ma lo sostituiscono, non fanno che prolungare il ricatto e la menzogna.

Ecco perché No Tav No Stato. Non per iniziare a «fare ideologia», ma per non finire col fare politica. Del resto, è quasi imbarazzante osservare come questa recalcitranza davanti alle idee anarchiche provenga da chi non si fa alcuno scrupolo a spacciare (o ad avallare, nella speranza che dal letame nascano i fior) ben altro genere di «ideologia». Come se gli appelli a difendere la Democrazia del Bene Comune salendo sulle barricate Stalingrado e Saigon fossero la spontanea e naturale espressione dell’essere umano in lotta per la propria dignità, e non il frutto di una precisa interpretazione di parte. Legittima, sì. Della nostra parte, no.

Ecco perché No Tav No Stato. Perché, piuttosto che accomunarci alle vittime di questo ordine sociale, pensiamo sia necessario riconoscere e far riconoscere che ne siamo tutti complici — chiunque di noi, nessuno escluso. Perché non vogliamo unirci alla rivendicazione a favore di un’autorità più equa, vogliamo lanciare il grido contro ogni forma di autorità.

L’Alta Velocità ce ne offre l’occasione. Non è la follia di qualche squilibrato imposta da poche mele marce ad un Parlamento sovrano, ma distratto. È un progetto perfettamente coerente con il mondo che abitiamo, un mondo in cui ogni singolo aspetto dell’esistenza umana è sottomesso alle esigenze del profitto (ed anche il tempo, si sa, è denaro). Non è affatto un caso che sia sostenuto da tutti i partiti, siano essi di destra o di sinistra, in base al momento e all’opportunità. E non è anomalo che lo Stato lo voglia imporre con il manganello e con i lacrimogeni; chi per i propri interessi non esita a bombardare intere popolazioni, perché mai non dovrebbe bucare la Val Susa o il sottosuolo di Firenze, quando altri esperti giurano che si può fare? Si dice che il Tav valsusino, qualora riuscissero a finirlo, servirà solo per trasportare merci; perchè, ognuno di noi non serve solo per produrle e acquistarle? E lo facciamo, giorno dopo giorno, in silenzio.

Con buona pace di tutti i cittadinisti, l’Alta Velocità non è affatto un grossolano errore dell’attuale organizzazione sociale. Ne è la verità scomoda e brutale. Ecco perché, anziché contarne e lamentarne gli effetti, dovremmo riprendere a indicarne e criticarne la causa. Non ha senso tacerla. Altrimenti si rischia di contribuire sì alla lotta contro questo Stato, ma non alla lotta contro lo Stato.

21 luglio 2011
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OPG Aversa – Sabatino Catapano

by on Jun.11, 2011, under Home, Resources

OPG Aversa

Sabatino Catapano

“Se la favola ha una morale, la morale di questa favola è la denuncia forte, critica, radicale contro ogni forma di coercizione e di annientamento che i servi del potere esercitano con brutalità spietata e disumana. 

“Quando si parla di manicomio, si parla di psichiatria e in questo campo i servi in primis sono gli psichiatri che con le loro teorie parascientifiche sono al servizio dei potenti, perché, guarda caso, in manicomio finiscono sempre gli emarginati, i perseguitati, i ribelli.

“Il sistema difende e giustifica se stesso e gratifica chi senza un minimo di dignità sottostà alle sue imposizioni e con riverenza gli lecca le palle pur di sopravvivere, rinnegando il diritto alla intensità della vita.”

— Sabatino Catapano
OPG Aversa, è l’opuscolo di Sabatino Catapano realizzato dall’OISM in cui narra le sue dolorose esperienze al manicomio criminale di Aversa – in cui fu rinchiuso e torturato in quanto dissidente politico e rivoltoso all’interno del sistema carcerario.

OPG-Aversa PDF

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Psicofarmaci ai Bambini – Mitzi Plavier

by on Jun.11, 2011, under Home, Resources

Psicofarmaci ai Bambini

(di Mitzi Plavier)

 

Un opuscolo realizzato in occasione della festa di Radio Blackout del 2007: Psicofarmaci ai Bambini.
Questo opuscolo di 16 pagine tratta della questione AHDH e Ritalin, ossia di come la psichiatria abbia negli ultimi anni messo sempre di più gli occhi sui bambini quale nuova fascia d’utenza cui rifilare i loro tossici psicofarmaci stimolanti.
In questo opuscolo la questione della diagnosi e medicalizzazione dei bambini viene affrontata da Mitzi Plavier (psicologa) in maniera mirata, non solo dal punto di vista scientifico, ma soprattutto etico e sociale.
L’opuscolo fu preparato e impaginato in fretta e furia alla vigilia della festa di Radio Blackout, furono stampate un tot di copie cartacee che furono messe nella distro della trasmissione antipsichiatrica “Il Nudo del Cuculo”.
Il motivo per cui si trova sul blog di Incertezza Assoluta, è perchè pensiamo che la musica sia uno dei veicoli per propagare il desiderio di liberazione da tutti i tipi di prevalicazione sociale.
Il Tema 2 – Ali spezzate, parla dell’esperienza indiretta di un adolescente costretto dal sistema terapeutico a convincersi di essere psichicamente inadatto e ad assumere psicodroghe.

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Psicofarmaci-ai-Bambini

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